Una importante società, impegnata nella produzione e commercializzazione di gioielli di alta gamma , ci ha chiesto di intervenire nella revisione di una proposta contrattuale formulata da una nota multinazionale cinese per il posizionamento dei propri prodotti all’interno di piattaforme online e offline in tutto il territorio della Repubblica Popolare Cinese.
Abbiamo segnalato all’azienda ns cliente le clausole nel contratto che presentavano delle criticità .
Tra queste, abbiamo proposto l’eliminazione della clausola che stabiliva che la azienda ns cliente dovesse fornire al Distributore online e offline Cinese tutti i documenti relativi al marchio necessari per i c.d “records” come se lo stesso Distributore dovesse registrarli o partecipare alle operazioni di registrazione. Il marchio risultava già registrato in Cina, e quindi si è stabilito che il Distributore avrebbe potuto fornire supporto alla ns azienda in caso di eventuali contenziosi sull’utilizzo del marchio senza che questo possa far insorgere alcun diritto sul marchio da parte sua.
Abbiamo pertanto ritenuto indispensabile inserire una clausola a tutela del marchio ove venisse specificato che il Distributore è semplicemente autorizzato ad utilizzare il marchio della ns cliente al solo fine di identificare e pubblicizzare i Prodotti Contrattuali, nel contesto del Contratto e nell’esclusivo interesse della ns cliente e che il Distributore si sarebbe obbligato pertanto a non depositare, né far depositare nel Territorio Contrattuale o altrove, i marchi, anche altri e diversi dal marchio della ns cliente ; che il Distributore si sarebbe obbligato a non rivendicare diritto alcuno di proprietà, di licenza o di altra natura, sui marchi, nomi o altri segni distintivi di cui la ns cliente era proprietario e/o licenziatario.
Inoltre abbiamo rimodulato la previsioni contrattuali che prevedevano una cooperazione tra il Distributore e la ns azienda per la vendita online dei prodotti di gioielleria dell’azienda ns cliente in quanto tale previsione collideva con l’esistenza di contratti già stipulati con altre società cinesi proprietarie di piattaforme web attraverso le quali attualmente vengono commercializzati i prodotti della ns cliente. Abbiamo inoltre previsto che i prezzi online fossero allineati a quelli del sito web di proprietà della ns cliente che già effettuava vendite worldwide.
Abbiamo inoltre consigliato l’inserimento del “right of refusal” ovvero del diritto da parte del Distributore cinese di prelazione in caso di nuovi opening nel Territorio da parte dell’azienda ns cliente: in caso di rifiuto da parte del Distributore online e offline Cinese, l’azienda ns cliente sarebbe stata libera di aprire nuovi monobrand con lo stesso marchio avvalendosi di altri partner commerciali per lo sviluppo del proprio retail.
Su incarico di una curatela fallimentare è stata incardinata innanzi al Tribunale delle Imprese di Ancona un’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. contro gli ex componenti del C.d.A. di una srl dichiarata fallita.
In particolare si contestava agli ex consiglieri la tardiva contabilizzazione di costi ed oneri che erano stati registrati in contabilità ben oltre l’esercizio di rispettiva competenza al quale, invece, avrebbero dovuto essere imputati e quindi la violazione del principio di competenza di ex art. 2423-bis/I n° 3 c.c. nonché più in generale dei principi di correttezza e veridicità dei dati di bilancio ex art. 2423 c.c..
Ne derivava che bilanci predisposti in violazione degli anzidetti principi avevano occultato l’effettiva e reale situazione societaria che, nel caso di specie, faceva emergere una perdita d’esercizio di entità tale da erodere il capitale sociale al di sotto del minimo legale, ragion per cui il C.d.A. avrebbe dovuto convocare l’assemblea dei soci per deliberare lo scioglimento e messa in liquidazione ex art. 2484/I n° 4 c.c..
Ciò nonostante il C.d.A. in carica, invece di porsi in una prospettiva di liquidazione e di conservazione dell’integrità del valore del patrimonio, occultando ed omettendo di accertare l’erosione del capitale sociale, proseguiva, pur in assenza dei presupposti di legge, l’attività imprenditoriale caratteristica per altri due anni ponendo in essere atti di gestione ordinaria che generavano ai danni della società, dei soci e dei creditori sociali un depauperando irreversibilmente il patrimonio sociale.
Individuata la consistenza patrimoniale di tale depauperamento se ne chiedeva il risarcimento in solido ai componenti del C.d.A..
L’azione di responsabilità contro gli amministratori va esercitata osservando le scrupolose indicazioni fornite dalla Suprema Corte di Cassazione in punto di onere della prova.
In particolare si segnala come la Sezioni Unite 6.05.2015 n° 9100 ha chiarito che nelle azioni di responsabilità promosse contro gli amministratori di società sono applicabili gli insegnamenti delle Sez. Unite n° 13533/2001 secondo cui il creditore-attore deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, anche limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte che deve costituire causa efficiente del danno ad esso riconducibile (nesso eziologico), incombendo sul convenuto l’onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento.